LA RIVOLUZIONE ICT E LA SUA FALSA NEUTRALITÀ

Contributo per il seminario "GEOPOLITICA DELLA CONOSCENZA DIGITALE" - 27/1/2021

La recente pandemia ci ha dato una dimostrazione, probabilmente definitiva, di quanto le tecnologie informatiche e di comunicazione (ICT) hanno modificato la nostra società, e anzi ne sono diventate un elemento fondamentale.

Difficile, oggi, immaginare un'economia, una cultura, una vita di relazione prive degli strumenti che ci permettono di lavorare a distanza, o di informarsi in tempo reale, o di documentarsi su qualsiasi argomento dovunque ci si trovi.

Eppure la reale portata di questa trasformazione non sembra ancora adeguatamente apprezzata. Si tende a considerare gli strumenti ICT come una questione puramente tecnica, da lasciare agli specialisti, preoccupandosi semmai soltanto delle loro prestazioni e del loro costo. Ma quali effetti profondi hanno sulla struttura civile e politica delle nostre società? e soprattutto, c'è spazio per orientarne lo sviluppo in modo che essi diano agli individui maggiore libertà, potere, controllo sulla propria vita - e non il contrario?

Sappiamo da tempo che alcune tecnologie sono destinate ad avere un enorme impatto sulla cultura e sulla società. Che l'invenzione della stampa sia stata in fondo all'origine di fenomeni rivoluzionari come la nascita della scienza moderna, l'Illuminismo, forse anche il formarsi degli stati liberaldemocratici, è un'opinione probabilmente condivisa da molti. Ma mentre, in questa tecnologia come in altre, alcuni dettagli tecnici sono sostanzialmente irrilevanti (come il tipo del carattere o la qualità della carta) ve ne sono altri che hanno invece un ruolo critico -non solo nel successo di uno strumento, ma anche e soprattutto nel suo potenziale di sviluppo umano.

Immaginiamo per un momento cosa sarebbe successo se la stampa, o la scrittura stessa, non fossero state così accessibili; se l'umanità avesse avuto a disposizione, per assurdo, soltanto penne il cui inchiostro poteva essere letto unicamente con occhiali particolari; o se la produzione e il commercio delle macchine per la stampa fossero state sotto il controllo di un solo produttore, destinato naturalmente a difendere i suoi interessi monopolistici anche a scapito di quelli della collettività. È da aspettarsi che la diffusione della cultura ne sarebbe stata in qualche modo frenata, e non è azzardato ipotizzare che magari non avremmo avuto né Galileo né Newton né Voltaire. E infatti nessuno si sente di trattare la scrittura o la stampa come fatti puramente tecnici.

Questa riflessione dovrebbe suggerirci che gli effetti della rivoluzione digitale, compresi quelli negativi che tanto ci preoccupano -le fake news, lo strapotere dei social network, l'invasione nella nostra sfera personale- non sono del tutto indipendenti dalla tecnologia, e dipendono in particolare dal modo in cui questa viene prodotta e messa a disposizione.

Internet ha avuto il successo che ha avuto rispetto alle altre reti perché a differenza di queste la sua architettura (il TCPIP) è stata concepita come protocollo pubblico, adattabile a qualunque substrato. Gli smartphone si sono diffusi a livello planetario perché hanno potuto contare sulla libera disponibilità del sistema operativo GNU-Linux.

Trasparenza, adattabilità e libera disponibilità sono gli elementi che fanno di una tecnologia un vero strumento di sviluppo umano, invece che un potenziale strumento di oppressione. E attenzione: da questo punto di vista, il rischio è non tanto la perdita di diversità, ma la perdita di libertà. La standardizzazione è anzi auspicabile, se significa lo stabilirsi di linguaggi comuni utilizzabili da ciascuno per costruire e condividere le proprie creazioni.

Ben venga dunque -è urgente- una presa di coscienza da parte dei cittadini, e ancor più della classe dirigente, delle scelte che ci stanno di fronte in tema di ICT. Ci si può affidare ai giganti GAFAM che costano poco o nulla, ma il cui prezzo viene pagato prima o poi in termini di indipendenza; o a strumenti Open Source, non necessariamente gratuiti ma sicuramente liberi.

Non sono noiosi dettagli tecnici. È una questione di libertà.


Giorgio F. Signorini (2021)